Sul Monte Cor e nella Valle dell’Orsa
Dettagli del percorso
Percorso: Ferrara di Monte Baldo (849 m), Albarè (940 m), Passo della Crocetta (990 m), dorsale di Monte Cor (1000 m), vasca ENEL (774 m), incrocio con sentiero n. 74 (700 m), Malga Orsa (748 m), Madonna della Corona (774 m), Spiazzi (864 m).
Dislivello: 800 metri circa tra salite e discese.
Tempo di percorrenza: una giornata (6 ore circa). La variante da Malga Orsa a Ferrara divide il percorso ed i tempi in due.
Difficoltà: il percorso non presenta difficoltà particolari nella prima parte. qualche attenzione va posta nella discesa verso la vasca ENEL dopo delle piogge, per la scivolosità del sentiero. Attenzione va posta lungo il Sentiero vaturalistico per alcuni tratti esposti, muniti di corde fisse.
Periodo consigliato: l’itinerario è percorribile da aprile a novembre, salvo nnevamento. E comunque consigliabile compierlo nei mesi da maggio a luglio per le fioriture primaverili, oppure in quelli di ottobre-novembre per la Suggestione del bosco autunnale.
Ambientazione: nella prima parte il percorso si svolge su mulattiera nel boSco fino a Monte Cor. Poi il tracciato scende, ancora nel bosco, e procede pianeggiante fino a Malga Orsa. Da qui il Sentiero Naturalistico è nel bosco, sotto le pareti rocciose, fino al raccordo con il sentiero che da Brentino sale alla Madonna della Corona.
Equipaggiamento: scarpe da trekking, zaino con acqua e generi di conforto.
L’itinerario proposto non è ad anello ed occorre quindi avere a disposizione due auto, una da lasciare a Spiazzi, oppure prevedere il percorso a piedi lungo la provinciale da Spiazzi a Ferrara (o avvalersi dei mezzi di trasporto pubblici, ma con sporadiche corse giornaliere) per il ritorno al punto di partenza.
Si parte da Ferrara di Monte Baldo (849 m), si prende la strada sotto la piazza che, dopo aver superato il ponte sul torrente, risale ripidamente con un paio di tornanti fino al villaggio di Albarè (940 m). L’itinerario può partire anche da Albarè per chi intende abbreviare il percorso di circa 30 minuti.
Su di una curva al limitare della pineta, si imbocca il sentiero segnalato n.76 che volge a sud-est costeggiando la fitta pineta di abeti rossi, misti a pini ausiriaci ed a qualche larice, mentre sulla sinistra si lasciano numerosi arbusti di nocciolo (Corylus avellana). Procedendo sul senitero pianeggiante si osserva come la pineta diventa sempre più formata esclusivamente da pino nero (Pinus nigra). Dopo aver costeggiato il Pian dè Biguli si giunge con un’ultima salitina al Passo della Crocetta (990 m), antico passaggio verso Pian di Festa. Qui si lascia il sentiero, e dopo aver superato una sbarra per le auto, si percorre a sud la strada forestale che entra nella pineta di Monte Cor in un paesaggio suggestivo.
Dopo un centinaio di metri è consigliabile deviare ad ovest per osservare una dolina all’interno nella pineta, raggiungendo il vicino bordo della Valle dell’Orsa che consente di ammirare un bel panorama sulla sottostante vallata dell’Orsa, sul Santuario della Madonna della Corona e sulla dorsale baldense.
Si ritorna ora alla strada forestale osservando il rado sottobosco della pineta: rovi (Rubus fruticosus) con le caratteristiche more presenti nel primo autunno, ciclamini (Cyclamen purpurescens), felci, edera e muschi. La pineta di Monte Cor trae origine da rimboschimenti effettuati alla fine del XIX sec. e nel XX sec. dalla Forestale, impiegando prevalentemente pino nero austriaco (Pinus nigra), misto ad abete rosso (Picea abies), pino silvestre (Pinus sylvestris) e larice (Larix decidua).
Il terreno su cui insiste tale pineta è un terreno calcareo costituito prevalentemente da calcari oolitici di San Vigilio, con un’età compresa fra 175 e 164 milioni di anni fa, ricchissimi di piccoli fossili Pentacrini, che si possono facilmente osservare sulle rocce lungo la strada forestale o ai suoi lati. Si tratta di resti fossili dei gambi di gigli di mare che vivevano nel mare del Mesozoico, e dopo la morte vennero disgregati in tante piccole stelle a cinque punte (da cui il nome Pentacrini). Attualmente la pineta (che fa parte del Demanio Forestale Regionale), sta subendo interventi di diradamento e di taglio.
Proseguendo lungo la strada si scende con una curva ad ovest verso il limitare meridionale della pineta tra bei esemplari di abete rosso e larice. Ben presto la strada termina al limitare dell’altipiano di Monte Cor: qui finisce anche la pineta lasciando il posto ad un bosco misto di carpino e roverella, mentre nelle parti più impervie, sopravvivono ancora alcuni individui di faggio (Fagus sylvatica). Si imbocca ora un sentiero che scende ripidamente a sud-ovest con stupende visioni sul Santuario della Madonna della Corona, che appare a picco proprio di fronte a noi. Il sentiero è abbastanza ripido e scivoloso (fare attenzione soprattutto dopo delle piogge), ed è stato ricavato all’interno di un bosco misto di carpino nero (Ostrya carpinifolia) e di roverella (Quercus pubescens).
Si giunge così alla vasca di raccolta dell’Enel (774 m), impianto di ritenzione idrica da cui escono delle condotte forzate per la piccola centrale idroelettrica di Brentino. La vasca, tutta recintata, è servita da una tubazione che parte dalla diga posta immediatamente a sud di Ferrara di Monte Baldo, tagliando in quota tutto il versante sinistro della Val dell’Orsa, in alcuni casi con delle gallerie.
Dalla vasca dell’Enel il percorso scende ripidamente a sud in fianco alla condotta per alcune decine di metri fino ad incrociare il sentiero che da Brentino sale a Ferrara. Da questo incrocio posto a quota 700 m s.m., volgiamo ora ad ovest e poi a nord, lungo l’antica mulattiera (sentiero CAI n. 71) che porta a Malga Orsa. Nel procedere verso nord la vegetazione diviene a prevalenza di carpino nero con qualche frassino (Fraxinus ornus), mentre nel superare una valletta laterale si notano numerosi e vetusti castagni (Casianea sativa). Dopo un buon tratto di sentiero pressoché pianeggiante, si incrocia il sentiero che scende sul fondo del vajo, ma si procede a nord in leggera salita per circa un centinaio di metri fino a sbucare dal bosco nei prati di malga Orsa: stupenda e suggestiva è qui la visione delle precipiti ed incombenti pareti del versante destro della valle (in cui si rifugiano e nidificano poiane e falchi).
Malga Orsa (748 m) sorge in un ripiano di origine morenica del versante sinistro della valle omonima. Si tratta di una abitazione con annesse stalle e fienile, del comune di Brentino-Belluno.
Dalla malga, ritorniamo sui nostri passi per un centinaio di metri e seguiamo le indicazioni del Sentiero Naturalistico; si lascia il sentiero principale e si scende nel bosco fino a raggiungere il torrente Bissole. Lo si attraversa con l’aiuto di una corda fissa e si raggiunge il versante destro. Qui il sentiero segue alcune cascatelle e belle “marmitte dei giganti” costruite dal torrente. Se si è fortunati si può vedere anche qualche appassionato di torrentismo mentre scende nel torrente.
Il sentiero diviene ora stretto ed in alcuni tratti esposto, ma con una corda fissa ed alcune protezioni (fare comunque attenzione!).
Si seguono le rientranze e sporgenze della parete rocciosa sempre all’interno di un bel bosco di carpino nero, dal quale ogni tanto, qualche radura permette la vista sulle pareti a picco. Dopo un’area di sosta con tavolo e bacheca, si procede sempre a sud fino ad entrare nel vajo della Madonna della Corona e passare sotto il Santuario. Si attraversa il vajo del Santuario e si risale sul versante meridionale. Qui la vista diventa suggestiva su tutto il vajo dell’Orsa e sullo stesso Santuario.
La salita avviene ora tra roverelle e qualche rara pianta di leccio, in alcuni tratti con una corda fissa cul assicurarsi. Infine, il Sentiero Naturalistico sbocca sul sentiero n. 73 che sale da Brentino. Un paio di tornanti in salita e si giunge ai piedi della scalinata che sale alla Madonna della Corona, dove vi è un ponte in pietra al posto di un tiglio che la tradizione vuole facesse da ponte naturale per i pellegrini. Da qui ben 276 scalini in alcune rampe intagliate nella parete verticale e precipite, conducono alla Madonna della Corona (774 m). La salita può essere più dolce lungo l’ampia scalinata che sale alla strada di collegamento con Spiazzi, poco prima della galleria. Dal sagrato si gode un suggestivo ed ampio panorama sulla Lessinia, sulla Val d’Adige e sulla corona di rocce del rosso ammonitico che contornano il Santuario (da cui ha preso il nome la località).
Lasciato il Santuario, dopo una galleria si sale per strada o per scalinata a Spiazzi (864 m). La salita può avvenire anche usufruendo del servizio mini-bus dal Santuario fino al parcheggio di Spiazzi, oppure lungo la strada fino all’Albergo Stella Alpina.
Malga Orsa
Malga Orsa (748 m) sorge in un ripiano di origine morenica del versante sinistro della valle omonima. Si tratta di una abitazione con annesse stalle e fienile, del comune di Brentino-Belluno.
Valle dell'Orsa
La valle parte presso Brentino Belluno come uno stretto e ripido vajo, assume i caratteri di una valle fluviale da Spiazzi fino a Cambrigar dove si fonde con la val Fredda, sua laterale, e diventa una larga valle coperta da pascoli, infine termina sopra Novezza con il passo Cavallo (o Cavallo di Novezza) a 1582 m.
Il Santuario della Madonna della Corona
Il Santuario, posto in comune di Ferrara di Monte Baldo, anche se si trova sotto Spiazzi, è il più ardito Santuario d’Italia, dedicato all’Addolorata, con il nome di Madonna della Corona. È collocato a 774 m s.m. su di un piccolo spiazzo posto su una parete rocciosa a strapiombo di ben 590 metri sulla Val d’Adige. Questo luogo, frequentato fin dalla preistoria e forse sede di un tempio pagano, ospitò degli eremiti nell’XI e XII sec., dipendenti dal Monastero di S. Zeno di Verona. Già allora era dedicato alla Vergine (“de monte Bloto”), mentre verso il 1437 passò all’Ordine dei Cavalieri di Malta che lo mantennero fino ai primi del XIX sec., quando con le soppressioni napoleoniche passò alla Diocesi di Verona. Una prima chiesetta fu costruita dal 1480 al 1522, quando iniziò la devozione reariana.
Il Santuario vero e proprio, costruito nel 1625, fu chiamato “della Corona” dal luogo roccioso che forma una corona semicircolare di rocce grigio rosate. La chiesa attuale, costruita in parte nella roccia, in stili compositi, è il risultato di diversi ampliamenti e ricostruzioni avvenuti a partire dal XVII sec. Dopo l’ampliamento del 1899 che vide il rifacimento della facciata, nel 1975-78 il Santuario è stato oggetto di ulteriori interventi di ingrandimento in alcuni casì eccessivi. Si presenta ora a tre navate, lungo una trentina di metri, con la parete e la navata a sinistra e l’abside scavate nella roccia e la navata centrale alta 16 metri. La statua della Madonna della Corona che si venera nel santuario, è posta sopra l’altar maggiore ed è alta 70 cm: rappresenta la Madonna Addolorata con Gesù morto sulle ginocchia.
Sotto la chiesa principale vi è la Cappella delle confessioni, un’altra chiesa collegata alla superiore dalla “scala Santa”. La facciata del Santuario è in stile neo-goticoromanico con bei portali e grande occhio centrale ed è affiancata da uno svettante campanile, alto 33 metri. Da visitare è anche il “sacellum pietatis”, un tempietto esagonale dove secondo la tradizione apparve la statua della Madonna nel 1522, raggiungibile per un corridoio dove sono esposte reliquie degli antichi eremiti.
Numerosi sono i capitelli, gli affreschi e le edicole votive con l’immagine della Madonna della Corona, posti lungo i sentieri e gli itinerari classici nella piana di Caprino e nella Val d’Adige, seguiti dai pellegrini per recarsi al Santuario. La Solennità principale del Santuario cade il 15 settembre, ma sono festeggiati anche l’ Assunta il 15 agosto, l’Immacolata 1’8 dicembre e la Candelora il 2 febbraio.
Nel Santuario sono conservati 160 ex-voto: si tratta di quadretti in cui i devoti hanno atto dipingere e descrivere la propria condizione di vita o il guaio in cui si erano venuti a trovare e dal quale hanno ritenuto di essere usciti per intercessione della Vergine della Corona. Sono rappresentazioni ingenue, ma efficaci; in alcuni casi si arriva a precisare i fatti.
Il culto della Madonna della Corona è molto radicato non solo nel veronese ma anche nelle province limitrofe di Brescia, Mantova, Vicenza e Trento e risale almeno al XVI sec.
La tradizione popolare fa miracolosamente comparire la statua della Madonna Addolorata nel 1522 sulla parete rocciosa del Baldo, dopo la sua fuga da Rodi prima della conquista turca: nel giugno di quell’anno una luce misteriosa illuminò le selve, che coprivano le balze orientali del monte Baldo, mentre suoni angelici si diffondevano nella corona rocciosa a strapiombo sull’Adige. Gli abitanti di Spiazzi si calarono verso quella luce, sopra un brevissimo spiazzo a mezza roccia, dove scorsero la statua di Maria col Figlio morto sulle ginocchia. La notizia si diffuse in tutti i dintorni e molta gente venne a venerare la statua miracolosa. Ma il luogo dove si trovava era troppo difficile da raggiungere, ed allora si pensò di portarla nella contrada Spiazzi, sopra il dirupo. Superando grandi difficoltà, si riuscì nell’impresa e la statua fu collocata sopra un altare in una cappellina di legno, che era stata costruita in tutta fretta. Ma il giorno seguente, quando i devoti accorsero per venerare di nuovo la statua, questa non c’era più ed era ritornata sullo spiazzo roccioso, dove era stala inizialmente trovata. Gli abitanti di Spiazzi si calarono ancora a recuperare la statua ed a portarla nella contrada, ma la notte seguente per la seconda volta essa spari e fu ritrovata sul piccolo spiazzo roccioso. Pensando che questa fosse la volontà della Madonna, si decise allora di costruire lì una chiesetta, anche se per circa vent’anni i fedeli dovettero calarsi giù dalle rocce con funi per raggiungere il piccolo santuario, e solo successivamente, venne scavato nella roccia un sentiero che permetteva ai pellegrini di raggiungere il sacro luogo passando su di un ponte naturale formato da un tiglio miracolosamente nato in quel luogo. Questo tiglio, descritto anche dal Pona nel XVI sec., morì dopo un secolo, nel 1672-73 e di esso non restò più niente perché i pellegrini si portavano a casa dei pezzettini di legno come ricordo. Al suo posto venne costruito un ponte in pietra e nel 1822 venne posta una lapide con la scritta: “SISTE QUI PRAETERGREDERIS HEIC ARBOR NOCTE UNA A SILICE PRODUCTA EDUCTAQUE EST QUAE IN LATUS PROCUMBENS FULCRUM SUPPOSUIT PONTI SUPERSTRUENDO QUI POSTEA MONTIS HIATU CONIUNCTO VIAM STRAVIT AD AEDEM VIRGINIS PONTEM HUNC AB SE VISUM MEMORIAE TRADIDIT JOANNES PONA QUI OBIIT AN. MDLXXXVIII” (Fermati tu che vai oltre. Qui in una sola notte un albero fu fatto nascere e crescere dalla roccia ed aprendosi sui lati offerse il sostegno su cui costruire il ponte, che poi, superato l’abisso della parete rocciosa, aprì la via verso il tempio della Vergine. Giovanni Pona, che morì nel 1588, riferì di aver visto questo ponte”.
Al Santuario si può scendere da Spiazzi in circa 15-20 minuti a piedi, oppure con il mini-bus. Si segue la strada costruita nel 1839, ed in seguito ampliata, oppure la scalinata (più veloce) e si passa nella galleria scavata nel 1922, che permette di evitare le scalinate. Tradizionale collegamento a piedi è quello che sale da Brentino in Val d’Adige lungo un sentiero con scalinate, presentante complessivamente 1540 gradini.